Territorio
Il Parco è prevalentemente interessato da affioramenti del Complesso piemontese dei Calcescisti con Pietre verdi (ofioliti del Complesso ultrabasico del Mont Avic prevalenti in Val Chalamy, calcescisti prevalenti in Val di Champorcher). Le ofioliti rappresentano un frammento del bacino piemontese di tipo oceanico, coinvolto nell’orogenesi alpina conseguente alla collisione continentale fra Africa ed Europa.
Il territorio del Parco, dal punto di vista morfologico, evidenzia una fase evolutiva ancora giovanile con rilievi elevati, profonde incisioni vallive e pendii fortemente acclivi.
La morfologia è la risultante di numerosi fattori, quali l’azione erosiva e di deposito combinata dei corsi d’acqua e dei ghiacciai, con formazione di circhi glaciali e corrispondenti laghi alpini di circo, depositi morenici di notevole estensione e spessore, notevoli dislivelli tra il fondovalle e i rilievi.
La morfologia della Val Chalamy è caratterizzata da rilievi elevati e profonde incisioni vallive. La direzione di scistosità delle rocce metamorfiche è relativamente omogenea con immersione prevalente verso nord e determina una netta asimmetria dei due versanti principali: in sinistra orografica i pendii sono più acclivi, mentre il versante destro presenta una morfologia più dolce con alternanza di dossi, ripiani e avvallamenti (questi ultimi in parte conseguenza di sciami di faglie).
L’azione dei ghiacciai quaternari (erosione, ablazione e deposito) è particolarmente evidente nel settore meridionale della valle, ricco di rocce levigate, striate e montonate, nonché di numerosi circhi glaciali occupati attualmente da specchi d’acqua. Nella porzione orientale sono evidenti notevoli depositi morenici e numerosi massi erratici.
I corsi d’acqua hanno profondamente inciso la valle, contribuendo al trasporto di materiali solidi verso il suo sbocco: gli imponenti depositi fluvioglaciali esistenti immediatamente a valle di Chevrère sono resi evidenti dai processi di dissesto che hanno portato a vistose formazioni calanchive, piuttosto insolite in ambiente alpino.
La zona di Champdepraz fa parte del Complesso piemontese dei Calcescisti con Pietre verdi. I calcescisti sono costituiti da rocce povere o anche prive di calcite, come filladi sericitiche, micascisti e più raramente quarziti e gneiss albitici. Le pietre verdi sono derivati metamorfici di rocce intrusive basiche; si tratta in prevalenza di prasiniti gneissiche o gneiss prasinitici, passanti gradualmente per diminuzione del quarzo e della muscovite a prasiniti.
A differenza di alcuni settori limitrofi della Valle di Champorcher, dove prevalgono i calcescisti con scarse intercalazioni di prasiniti e qualche lente di serpentiniti, nell’ambito del territorio di Champdepraz affiorano potenti successioni di pietre verdi, con prevalenza di peridotiti (peridotiti tettoniche del Mont Avic), di metagabbri eclogitici, di metabasalti eclogitico-glaucofanitici, alternati a sequenze vulcanico sedimentarie. In tale zona, all’interno del Parco e nei suoi immediati dintorni, sono presenti alcune mineralizzazioni particolarmente interessanti in quanto, almeno alcune, coltivate per un periodo molto lungo e fino alla prima metà del secolo scorso. Le mineralizzazioni a magnetite del Lago Gelato situate a 2.600 m, erano già coltivate nel 1693 ed il loro sfruttamento è proseguito con fasi alterne fino al 1893. Le mineralizzazioni a ferro-rame di località Hérin, situate all’esterno del Parco a monte del Capoluogo di Champdepraz a 1700 m, furono intensamente sfruttate nel XVIII secolo e, con fasi alterne, fino al 1951.
Degni di nota sono inoltre i numerosi minerali rinvenuti in più punti del Parco all’interno di filoni di rodingite (apatite, epidoto, granato, smaragdite, vesuvianite, ecc.).
I depositi superficiali quaternari della zona di Champdepraz costituiscono affioramenti frequenti e relativamente continui. Si tratta in prevalenza di depositi glaciali, morene di fondo e laterali appartenenti alle ultime fasi del ritiro postwurmiano o a fasi glaciali recenti (piccola età glaciale), di depositi detritici, coni o falde, originati dal disfacimento e successivo deposito gravitativo al piede delle pareti rocciose e di sedimenti di torbiera legati al riempimento dei numerosi alvei e paleoalvei lacustri. I depositi morenici appaiono estesi in tutto il fondovalle, dai 1.300 agli 800 m in prevalenza, a testimonianza della presenza, durante i periodi glaciali, di estesi ghiacciai. Le morene sono ammassi caotici di rocce di diversa litologia e granulometria, costituite da una matrice sabbiosa o limosa in cui sono inclusi frammenti rocciosi anche di grandi dimensioni. Le alluvioni sono rappresentate da depositi di fondovalle di scarsa entità, formati soprattutto da ghiaie e sabbie, ma anche blocchi di notevoli dimensioni, rilevabili nell’alveo del Torrente Chalamy.
L’area di recente ampliamento del Parco, che rappresenta la porzione sommitale del bacino idrografico de Torrente Ayasse, presenta nel suo complesso caratteristiche nettamente differenti da quelle riscontrabili nella valle di Champdepraz: in particolare gli estesi affioramenti di calcescisti e la presenza di suoli più profondi e fertili consentono di avere una percentuale di copertura vegetale maggiore rispetto alla Val Chalamy, con una notevole varietà floristica nel piano alpino. Sul versante nord della Rosa dei Banchi è osservabile un ghiacciaio nettamente più esteso rispetto al residuo apparato glaciale situato sulle pendici settentrionali del Mont Glacier.
In assenza di consistenti apparati glaciali, l’alimentazione estiva dei principali corsi d’acqua è garantita dal tardivo scioglimento delle nevi sugli alti pendii esposti a settentrione e dall’acqua contenuta nelle coltri detritico-moreniche. Il regime idrologico, caratterizzato da forti sbalzi di portata anche a causa dei suoli prevalentemente superficiali, presenta un marcato minimo invernale ed un massimo nella tarda primavera. La circolazione di acque sotterranee è copiosa e diffusa, con conseguente presenza di numerose sorgenti; le risorgive situate sul basso versante orografico sinistro della Val Chalamy determinano peculiari contrasti ambientali, poiché si inseriscono in ambienti tendenzialmente xerici.

AMBIENTI NATURA 2000
Il Parco del Mont Avic è stato inserito nella rete ecologica dell’Unione Europea “Natura 2000”, che si propone di garantire la conservazione degli habitat e delle specie elencati nelle direttive UE 2009/147 “Uccelli” e 92/43 “Habitat”. L’area protetta è classificata Zona Speciale di Conservazione (ZSC IT1202000) Zona di Protezione Speciale (ZPS Mont Avic – Mont Emilius IT202020).
Il Parco Naturale Mont Avic tutela numerosi habitat e specie considerati di elevato interesse dall’Unione Europea. La Regione Autonoma Valle d’Aosta nel 2011 ha approvato le misure di conservazione da applicare nelle ZSC e nelle ZPS, incluse quelle concernenti l’area del Mont Avic. Tre fra gli ambienti più importanti – le foreste di latifoglie e conifere, le torbiere ed i siti ofiolitici d’alta quota – sono stati oggetto di un progetto di tutela realizzato dall’Ente Parco nel quadriennio 1997-2000 nell’ambito del programma “Life-Natura”, con un cofinanziamento comunitario pari al 50% delle spese sostenute; le azioni del progetto sono state le seguenti:
- effettuazione di ricerche scientifiche su ambienti di particolare pregio naturalistico;
- ripristino della rete sentieristica, finalizzato ad incanalare in modo efficiente il flusso dei visitatori;
- razionalizzazione del pascolo in presenza di ambienti vulnerabili (in particolare torbiere);
- produzione di strumenti informativi (pannelli ed opuscoli illustrati). · La Comunità Europea ha concesso un contributo finanziario pari al 50% delle spese sostenute.
Le foreste di latifoglie e conifere
Le foreste dominano il paesaggio del Parco, ricoprendo i versanti con un manto quasi ininterrotto sino ad oltre 2000 m di quota. La presenza della più vasta foresta di pino uncinato delle Alpi italiane e di boschi di faggio, assenti in tutta la medio-alta Valle d’Aosta, rende del tutto originale la Val Chalamy nel contesto regionale.
La fauna forestale è assai varia; fra gli innumerevoli insetti, sono state rinvenute oltre 110 specie di coleotteri che si nutrono a spese degli alberi e alcune farfalle poco diffuse a livello regionale (Limenitis populi, Apatura iris, Drepana cultraria, Nemapogon wolfiella). L’avifauna comprende fra l’altro il fagiano di monte, il picchio nero, la nocciolaia, il venturone e predatori come l’astore e la civetta capogrosso. Fra i mammiferi si possono ricordare il capriolo, il camoscio, lo scoiattolo e il topo quercino.
La foresta di pino uncinato della Serva è ufficialmente classificata fra i “boschi da seme” di interesse nazionale.
La tutela dei boschi del Mont Avic viene garantita concentrando la presenza dell’uomo sulla rete sentieristica e limitando i tagli: sono attualmente autorizzate soltanto operazioni colturali di miglioramento del “bosco da seme” e modeste utilizzazioni di legname nei settori più produttivi e meno vulnerabili.
Le torbiere
Le torbiere, ambienti di norma poco rappresentati nelle vallate delle Alpi occidentali italiane, sono per contro assai numerose nel Parco del Mont Avic e possono essere indicate come i più importanti biotopi dell’area protetta; ospitano infatti un elevato numero di specie animali e vegetali altrove rare o assenti in Valle d’Aosta, grazie alla presenza di un mosaico di situazioni microambientali differenti: si osservano infatti tutti gli stadi del processo di interramento dei bacini lacustri all’origine delle torbiere in una fascia altimetrica compresa fra 1270 e 2550 m e in situazioni orografiche quanto mai variabili.
La flora delle torbiere comprende numerosissimi muschi (fra i quali ben 13 diversi sfagni), specie rare quali Carex limosa, Carex pauciflora, Trichophorum alpinum e la curiosa Drosera rotundifolia, piccola pianta insettivora assai localizzata in Valle d’Aosta. In estate numerose zone umide sono ricoperte dai caratteristici pennacchi bianchi degli eriofori (Eriophorum scheuzeri, E. angustifolium e, più localizzato, E. vaginatum).
Fra gli animali spicca una notevole varietà di insetti, alcuni dei quali rari o poco diffusi sulle Alpi italiane (in particolare libellule e coleotteri idroadefagi). I vertebrati più frequenti sono la rana temporaria e il toporagno nano.
Le torbiere sono ambienti estremamente vulnerabili. La loro tutela impone di mantenere invariato il naturale regime idrico superficiale e di evitare ogni seppur piccola perturbazione del manto vegetale conseguente al transito di persone o bestiame domestico; l’Ente Parco colloca quindi periodicamente alcuni tratti di recinzione a protezione di alcune delle zone umide più preziose.
I siti ofiolitici d’alta quota
Sono caratterizzati dalla predominanza delle pietre verdi (in prevalenza serpentiniti e gabbri metamorfosati alternati a peridotiti), che danno origine a suoli poveri e superficiali, ricchi di metalli pesanti che hanno effetti tossici sulla maggior parte dei vegetali. La copertura vegetale è conseguentemente ridotta e offre limitate possibilità alimentari agli animali, presenti comunque con un’insospettata varietà di specie.
La flora delle serpentiniti è assai particolare; vi predominano piante erbacee che tollerano la presenza di microelementi tossici, quali le crucifere dei generi Thlaspi e Cardamine. Le numerose specie di licheni che ricoprono le rocce sono indicatrici di un’elevata naturalità dei luoghi e della pressoché totale assenza di agenti inquinanti; la notevole frequenza di licheni parassiti che si accrescono a spese di altri licheni è probabilmente legata ai condizionamenti ambientali dovuti al clima e alle particolari caratteristiche delle pietre verdi.
La ridotta copertura vegetale dei siti ofiolitici d’alta quota fornisce poche risorse alimentari alla fauna alpina, condizionandone in modo negativo le densità. Fra i mammiferi sono presenti dai 280 ai 300 camosci, poche decine di stambecchi, lepri variabili, ermellini e alcune colonie di marmotta. Una dozzina di specie di uccelli riescono a nidificare in questi inospitali ambienti e soltanto la pernice bianca è in grado di svernare ad alta quota anche in presenza di un’abbondante e continua coltre nevosa. Gli insetti sono per contro presenti con un elevato numero di specie: a titolo di esempio, sono stati rinvenuti coleotteri appartenenti a ben 22 differenti famiglie.
Per un’efficace tutela dei siti ofiolitici è opportuno non uscire dai sentieri segnalati, al fine di limitare il disturbo alla fauna e di evitare il danneggiamento del manto vegetale.
